Me lo aspettavo. Lo so da un po’ che fa fatica a scrivere. Sono un paio d’anni che il tratto di penna ha cominciato a rallentare sulle parole. Sui numeri no, quelli vanno ancora veloci, li traccia sul foglio grandi e ordinati, come ha sempre fatto. Ma le parole, quelle sembrano sempre più difficili da scrivere. È una questione fisica più che mentale: la testa va veloce, ma le mani rallentano. Non ci vede tanto bene da vicino e spesso sente un formicolio sulla punta delle dita. È normale, mi spiega, sono gli acciacchi della vecchiaia e di quella malattia con la quale convive da anni. Con la quale convivono quasi tutti gli anziani che conosco.
Mi intenerisce immaginarlo davanti al foglio bianco, con milioni di parole che si accavallano in testa, ma che non riescono a trovare la giusta strada verso il foglio.
Indugio e inconsapevolmente mi concentro sugli intrecci del suo maglione verde e marrone. L’ha fatto la nonna con i ferri da maglia l’inverno scorso e gli calza a pennello. Ha persino il colletto con tre bottoni in stile inglese.
Cerco di soffocare i miei pensieri per non lasciare che l’entusiasmo prenda il sopravvento.
La nonna con i ferri ha sempre fatto di tutto. Quand’ero piccolo mi faceva le babbucce, i pantaloncini da tenere in casa, il berretto, la sciarpa, le manopole e persino le coperte. Adesso che non servono più disfa le coperte, getta le parti usurate e con la lana recuperata fa i maglioni per il nonno. Perfettamente in linea con il principio neo-ecologista!
Capisco che lui sa già a cosa sto pensando. Non ho il coraggio di introdurre l’argomento, perché so che richiede un impegno troppo grande per me, almeno in questo momento.
Prende l’iniziativa e ci pensa lui.
«Tu sai scrivere. Io racconto a voce e tu scrivi – propone – tu, che scrivi così bene». Indugio. «Se hai scritto quel libro, sarà una passeggiata per te scrivere i miei racconti!».
Ha letto una specie di diario di viaggio che scrissi qualche anno fa, uno di quei testi che molti italiani tengono nel cassetto, incerti se renderli pubblici o tenerli per sé. Lo lesse tutto ad alta voce, così poteva sentire anche la nonna. Mi confida che è l’unico che ha letto dall’inizio alla fine.
Gli spiego che non può solo raccontare un breve episodio, mi dovrà un po’ descrivere anche i luoghi e le persone, le sensazioni, il contesto. Questo un po’ mi preoccupa perché ci sono stati eventi divertenti, ma anche molti drammatici, soprattutto legati alla guerra, e lui li rivive ogni volta, come se tornasse indietro nel tempo.
«Potremmo fare un po’ alla volta, mi piacerebbe, ci penso» gli rispondo.
Avrei una gran voglia di farlo, penso sia una cosa importante, che ne potrebbe venir fuori qualcosa di veramente bello. Ha avuto una vita straordinaria, che merita di essere raccontata. Mi devo convincere e devo organizzarmi con i tempi.
Il giorno dopo inizio a scrivere su questo blog “Lo faccio o non lo faccio?”