mercoledì 4 settembre 2013

Nonno, mi racconti una storia?

Nel post precedente (sono passati quasi due anni!) scartavo l’idea di una raccolta organizzata dei ricordi del nonno. Ho riletto i primissimi post e mi è piaciuto, quindi riprendo a scrivere, anche solo qualche semplice flashback.
Innanzitutto il nonno c’è e sta bene, come può star mediamente bene un prossimo novantenne con migliaia di chilometri sulle gambe acciaccate e affaticate: un lento rallentare verso la vera vecchiaia. Ma che fatica convincerlo ad usare la sedia a rotelle, almeno per quando è necessario spostarsi velocemente!
Ieri sera la nonna mi ha detto che oggi ha un appuntamento con il “maestro”: accompagnato da una delle figlie risponderà a qualche domanda sui tempi che furono e i suoi ricordi diventeranno parte di un libro. Non ho approfondito ma mi pare un’ottima notizia, almeno qualcuno ne farà tesoro.

Veniamo a noi.
Una storia, la preferita di mia figlia. Gliel’ho raccontata ieri, prima del pisolino di un pomeriggio assolato di settembre. Proprio come accadeva poco più di un trentennio fa. Solo che allora il bambino ero io.



Il letto del nonno è alto e per salirci devo alzare una gamba di lato, puntare un ginocchio e arrampicarmici aggrappandomi sulle lenzuola di cotone bianco, ruvido e profumato di sapone di Marsiglia. Il letto è di legno massiccio, costruito a mano da un artigiano, che già non c’è più, con pezzi di Noce nazionale incastrati tra loro e un po’ di colla. La rete è di metallo e cigola al minimo movimento. Sotto la tela il materasso è di lana, duro, spesso e pesante. Fuori fa caldo, ma si ricomincia a respirare dopo la calura di agosto. La camera è esposta a nord-est, quindi al pomeriggio è sufficientemente fresca per poter tenere la persiana abbassata e una fessura di finestra aperta. Entra un po’ d’aria e il monotono frinire delle cicale.
Io non voglio dormire, non ho sonno al pomeriggio.
«Nonno, mi racconti una storia?»
«Che storia?», strascica la voce già assonnata.
C’è una sola storia che il nonno conosce, la domanda è retorica. È la stessa storia che più di cinquant’anni prima gli raccontava suo nonno.
Mio nonno ha passato la sua intera infanzia con suo nonno, ma questa è un’altra storia.
«Quella del Gallo Castaldo!» mi preparo a fare ‘cloppete cloppete’ e a tamburellare con le dita sulla testiera di legno.

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