giovedì 5 settembre 2013

La storia del Gallo Castaldo

Osservo il profilo del nonno in penombra, è già mezzo addormentato, ma io non ho sonno e quindi devo farla durare il più possibile. La storia del Gallo Castaldo può durare tre minuti o trenta, a seconda di quanti particolari si aggiungono, e io sono pronto a richiederne. Il nonno inizia, io ho le nocche già sulla testiera di legno per simulare il rumore dei cavalli al trotto. Il nonno racconta in dialetto veneto, la lingua di ogni giorno, la storia che gli raccontava suo nonno:

- C’era una volta un gallo che viveva in un pollaio. Era un gallo grande, con il petto grosso così, le penne lunghe e rosse, una cresta grande grande. Si chiamava Gallo Castaldo.
Un giorno arrivò il postino e gli consegnò una lettera.
«Wow, una lettera per me!», esclamò il gallo, «chissà chi è che mi scrive.»


Aprì la busta, si mise gli occhiali e iniziò a leggere: “Caro Gallo Castaldo, sono tuo cugino il tacchino, domenica mi sposo e sei invitato al mio matrimonio. Con questa lettera ti mando anche la lista degli invitati che abitano dalle tue parti, così, se li incontri per strada potete venire tutti assieme.” 
«Un matrimonio, che bello!», esclamò il Gallo Castaldo, «Castaldina!», chiamò sua moglie, la Gallina Castaldina, «preparati che andiamo al matrimonio di mio cugino il tacchino!»
Il Gallo Castaldo si fece il bagno, indossò una giacca e il fifì, si mise persino il gel nella cresta per farla stare più dritta. Poi si fece prestare una carrozza e quattro cavalli bianchi. Intanto la Gallina Castaldina si era lucidata ben bene le penne nere, aveva preso la borsetta e si era messa pure il rossetto rosso sul becco. 
Così salirono in carrozza e partirono.
I cavalli facevano cloppete cloppete cloppete cloppete…
Vicino ad un laghetto c’era un’oca che li vide arrivare e si lanciò sulla strada. Il Gallo Castaldo tirò forte le redini, «Oooohhh», disse per fermare i cavalli.
«Buongiorno Gallo Castaldo, qual buon vento?», chiese l’oca.
«Stiamo andando al matrimonio di mio cugino il tacchino»
«Un matrimonio, che bello! Posso venire anch’io?»
«Vediamo se sei nella lista.»
Il Gallo Castaldo srotolò la lista, indossò gli occhiali e iniziò a leggere:
«Gaeo Castaldo, Gaina Castaldina, Oca Badessa. Vien che te ghe si anca ti!»
Così l’oca andò a prepararsi, si mise il cappello con un fiorellino, la gonna a fru fru, l’ombretto negli occhi, salì in carrozza e partirono.
Cloppete cloppete cloppete cloppete…
Arrivarono vicino ad una fattoria dove incontrarono un’anatra. Il Gallo Castaldo tirò forte le redini, «Oooohhh», disse per fermare i cavalli.
«Buongiorno Gallo Castaldo, dove andate così di corsa?», chiese l’anatra.
«Al matrimonio di mio cugino il tacchino» rispose il gallo.
«Un matrimonio, che bello! Posso venire anch’io?»
«Vediamo se sei nella lista.»
Il Gallo Castaldo srotolò la lista, indossò gli occhiali e iniziò a leggere:
«Gaeo Castaldo, Gaina Castaldina, Oca Badessa, Anara Contessa. Vien che te ghe si anca ti!»
L’anatra, tutta contenta, andò a profumarsi, mise le scarpe da festa, un fiocco sul collo e salì in carrozza.
Cloppete cloppete cloppete cloppete…
Dal ramo di un grande albero un grosso gattone nero saltò sulla strada. Era pieno di cicatrici sul muso perché faceva sempre lotta. Il Gallo Castaldo tirò forte le redini, «Oooohhh», disse per fermare i cavalli.
«Buongiorno, che bella compagnia, dove andate così di corsa?» chiese il gatto.
«Al matrimonio di mio cugino il tacchino.»
«Un matrimonio, che bello! Posso venire anch’io?»
«Vediamo se sei nella lista.»
Il Gallo Castaldo srotolò la lista, indossò gli occhiali e iniziò a leggere:
«Gaeo Castaldo, Gaina Castaldina, Oca Badessa, Anara Contessa, Gato Petenaro. Vien che te ghe si anca ti!»
Finalmente il gatto, che era sporco e puzzava, si fece un bel bagno e, persino, si limò le unghie. Salì in carrozza e partirono.
Cloppete cloppete cloppete cloppete…
Prima del bosco incontrarono un agnellino che giocava nel prato. Il Gallo Castaldo tirò forte le redini, «Oooohhh».
«Buongiorno Gallo Castaldo, dove andate tutti assieme?», chiese l’agnello.
«Al matrimonio di mio cugino il tacchino»
«Posso venire anch’io?»
«Vediamo se sei nella lista.»
Il gallo srotolò la lista, indossò gli occhiali e iniziò a leggere:
«Gaeo Castaldo, Gaina Castaldina, Oca Badessa, Anara Contessa, Gato Petenaro, Agneo Moltòn. Vien che te ghe si anca ti!»
L’agnellino si mise i bigodini sul pelo e lo fece diventare tutto a batuffoli, indossò la cravatta e salì in carrozza.
Cloppete cloppete cloppete cloppete…
Nel bosco un uccellino volò sulla carrozza. Il Gallo Castaldo tirò le redini, «Oooohhh».
«Buongiorno Gallo Castaldo, perché così di corsa?», chiese l’uccello.
«Andiamo al matrimonio di mio cugino il tacchino»
«Wow! Posso venire anch’io?»
«Vediamo se sei nella lista.»
Il Gallo Castaldo srotolò la lista, indossò gli occhiali e iniziò a leggere:
«Gaeo Castaldo, Gaina Castaldina, Oca Badessa, Anara Contessa, Gato Petenaro, Agneo Moltòn, Oseeto del Bosco. Vien che te ghe si anca ti!»
Così attraversarono tutto il bosco e arrivarono alla fattoria del cugino tacchino. Lì era tutto pronto, con le bandierine, le torte e i pasticcini. La cerimonia fu bella e veloce. Poi ci fu una grande festa, mangiarono, bevvero, ballarono, cantarono e tornarono a casa felici e contenti. –

«Nonno me ne racconti un’altra?» chiedevo. Ma il più delle volte, arrivati a stento a questo punto, il nonno iniziava a russare.



mercoledì 4 settembre 2013

Nonno, mi racconti una storia?

Nel post precedente (sono passati quasi due anni!) scartavo l’idea di una raccolta organizzata dei ricordi del nonno. Ho riletto i primissimi post e mi è piaciuto, quindi riprendo a scrivere, anche solo qualche semplice flashback.
Innanzitutto il nonno c’è e sta bene, come può star mediamente bene un prossimo novantenne con migliaia di chilometri sulle gambe acciaccate e affaticate: un lento rallentare verso la vera vecchiaia. Ma che fatica convincerlo ad usare la sedia a rotelle, almeno per quando è necessario spostarsi velocemente!
Ieri sera la nonna mi ha detto che oggi ha un appuntamento con il “maestro”: accompagnato da una delle figlie risponderà a qualche domanda sui tempi che furono e i suoi ricordi diventeranno parte di un libro. Non ho approfondito ma mi pare un’ottima notizia, almeno qualcuno ne farà tesoro.

Veniamo a noi.
Una storia, la preferita di mia figlia. Gliel’ho raccontata ieri, prima del pisolino di un pomeriggio assolato di settembre. Proprio come accadeva poco più di un trentennio fa. Solo che allora il bambino ero io.



Il letto del nonno è alto e per salirci devo alzare una gamba di lato, puntare un ginocchio e arrampicarmici aggrappandomi sulle lenzuola di cotone bianco, ruvido e profumato di sapone di Marsiglia. Il letto è di legno massiccio, costruito a mano da un artigiano, che già non c’è più, con pezzi di Noce nazionale incastrati tra loro e un po’ di colla. La rete è di metallo e cigola al minimo movimento. Sotto la tela il materasso è di lana, duro, spesso e pesante. Fuori fa caldo, ma si ricomincia a respirare dopo la calura di agosto. La camera è esposta a nord-est, quindi al pomeriggio è sufficientemente fresca per poter tenere la persiana abbassata e una fessura di finestra aperta. Entra un po’ d’aria e il monotono frinire delle cicale.
Io non voglio dormire, non ho sonno al pomeriggio.
«Nonno, mi racconti una storia?»
«Che storia?», strascica la voce già assonnata.
C’è una sola storia che il nonno conosce, la domanda è retorica. È la stessa storia che più di cinquant’anni prima gli raccontava suo nonno.
Mio nonno ha passato la sua intera infanzia con suo nonno, ma questa è un’altra storia.
«Quella del Gallo Castaldo!» mi preparo a fare ‘cloppete cloppete’ e a tamburellare con le dita sulla testiera di legno.